Nuove regole per il contratto a termine

1) La durata massima dei contratti a tempo determinato, con uno stesso lavoratore, non può
superare i 24 mesi.
– La presente regola può essere bypassata dai contratti collettivi applicati dall’azienda che
possono prevedere una durata massima diversa. Ciò in quanto il decreto Dignità non ha
modificato quanto previsto dall’articolo 19, comma 2, del Decreto legislativo 81/2015, che
stabilisce espressamente che la durata massima è di 24 mesi “fatte salve le diverse
disposizioni dei contratti collettivi”
– I 24 mesi devono essere calcolati sommando anche i periodi di missione nell’ambito di
somministrazioni di lavoro a tempo determinato
– I 24 mesi riguardano lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale
– Dai 24 mesi sono escluse le attività stagionali
– Nei 24 mesi non sono sommabili i periodi di rapporto di lavoro a termine stipulati tra il
lavoratore e le altre aziende che appartengono al medesimo gruppo imprenditoriale.
2) Il contratto a tempo determinato deve prevedere una delle seguenti causali: esigenze
temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività; esigenze sostitutive di altri lavoratori;
esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività
ordinaria.
3) Il primo contratto di lavoro a tempo determinato con un lavoratore, qualora sia di durata
non superiore a 12 mesi, può essere stipulato senza la specifica di una delle causali previste
al punto 2.
4) Il rinnovo (stipula di un nuovo contratto con l’eventuale applicazione anche dello “stop &
go”) deve prevedere sempre la presenza di una delle causali indicate al punto 2.
5) Le proroghe effettuate durante il periodo indicato al punto 3 (primi 12 mesi) non devono
prevedere le causali indicate al punto 2.
Esempio: per il primo contratto con il lavoratore, di durata 6 mesi, non è obbligatorio
indicare una causale. Così come non è obbligatorio indicare la causale qualora l’azienda
proroghi, detto contratto, per altri 6 mesi, raggiungendo così la durata di 12 mesi
complessivi.
6) Le proroghe effettuate dopo i primi 12 mesi devono prevedere una delle causali
indicate al punto 2.
Esempio: per il primo contratto con il lavoratore, di durata 6 mesi, non è obbligatorio
indicare una causale. Il contratto viene prorogato di 8 mesi (sforando i 12 mesi
complessivi); in questo caso la proroga del contratto deve prevedere obbligatoriamente
una delle causali previste al punto 2.
7) Le proroghe, previste all’interno dei 24 mesi massimi di utilizzo, sono 4 a prescindere dal
numero dei contratti
8) È possibile, al raggiungimento del limite di durata massima, stipulare un ulteriore contratto a
tempo determinato, della durata massima di 12 mesi, presso l’Ispettorato del lavoro
territorialmente competente (“contratto assistito”).
– Nel format utilizzato deve essere precisato che il contratto a tempo determinato si stipula ai
sensi dell’articolo 19, comma 3, del decreto legislativo n. 81/2015
– Il contratto deve contenere le causali indicate al punto 2
– È possibile la stipula di “solo” un altro contratto a termine
– Il contratto “assistito”, qualora stipulato per una durata inferiore a 12 mesi, non potrà essere
prorogato né rinnovato.
9) Il datore di lavoro dovrà corrispondere una maggiorazione contributiva pari all’1,40% sul
primo contratto a termine ed una maggiorazione dell’1,90% per ogni rinnovo del contratto in
somministrazione a termine. Ciò sta a significare che la maggiorazione dell’1,90% si dovrà
corrispondere esclusivamente dal secondo contratto in somministrazione a termine, mentre la
maggiorazione dell’1,40% vige per tutto il primo contratto a termine, proroghe comprese.
– La maggiorazione pagata dall’azienda potrà essere restituita, dall’INPS, nel caso in cui il
rapporto venga trasformato a tempo indeterminato o qualora il lavoratore venga riassunto con
contratto a tempo indeterminato entro il termine massimo di 6 mesi dalla cessazione del
precedente rapporto a termine.
– Il contributo addizionale non si applica: ai lavoratori assunti a termine in sostituzione di
lavoratori assenti; ai lavoratori assunti a tempo determinato per lo svolgimento di attività
stagionali, previste dal D.P.R. n. 1525/1963; ai rapporti in apprendistato (ad eccezione
dell’apprendistato stagionale); ai lavoratori dipendenti dalle Pubbliche Amministrazioni, di cui
all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001.
Leggi anche: Contratto a tempo determinato, rinnovi e proroghe: problemi aperti e possibili
soluzioni
Causali
Una riflessione particolare meritano le causali previste dal decreto Dignità, qualora il contratto
di lavoro a tempo determinato superi i 12 mesi o qualora stipulato con un lavoratore che
precedentemente ha già prestato attività lavorativa per l’azienda con un rapporto di lavoro a
termine. Le causali sono, essenzialmente, 3.
La prima riporta la seguente descrizione: “esigenze temporanee e oggettive, estranee
all’ordinaria attività.”. La necessità dell’azienda deve essere, quindi, oggettivamente verificabile
nella sua temporaneità e nel fatto che debba essere considerata straordinaria rispetto alla
normale e abitudinaria attività lavorativa aziendale.
La seconda causale attiene ad “esigenze sostitutive di altri lavoratori”. Ritengo che detta
motivazione attenga alla sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del
posto, indipendentemente dal fatto che la motivazione sia di natura straordinaria (es. malattia,
infortunio, ecc.) ovvero ordinariamente prevedibile (es. ferie).
La terza causale riguarda le “esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non
programmabili, dell’attività ordinaria”. In questo caso, le esigenze richieste per la stipula di un
contratto a tempo determinato devono, oltre ad essere temporanee, non prevedibili e rilevanti
tanto da non potervi far fronte con le ordinarie maestranze.
A solo titolo esemplificativo, una delle motivazioni che, a mio avviso, non potrà più essere
esibita dall’azienda, sarà quella delle maggiori vendite dovute al periodo dei saldi,
ovvero di maggior affluenza dei clienti nei periodi di ferie (es. estive, invernali, natalizie)
per le aziende turistiche. Queste motivazioni sono conosciute e programmabili, a priori,
dall’azienda sia in termini di durata che di incrementalità dell’attività lavorativa.
Contratto scritto
Il rapporto di lavoro, per essere considerato a tempo determinato, deve avere, nel contratto di
lavoro sottoscritto tra le parti, la specifica del termine. Qualora non sia presente il termine, il
contratto di lavoro viene ricondotto alla “forma comune di rapporto di lavoro” (articolo 1,
decreto legislativo 81/2015) e cioè al contratto a tempo indeterminato.
Una copia dell’atto scritto deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro
5 giorni lavorativi dall’inizio della prestazione. La mancata consegna del contratto individuale di
lavoro porta ad una sanzione amministrativa pecuniaria, a carico del datore di lavoro,
compresa tra 250 e 1.500 euro (art. 4-bis, comma 2, del D.L.vo n. 181/2000).
Fanno eccezione a questa regola i soli rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni.
L’atto scritto deve, inoltre, contenere sempre, in caso di rinnovo, le causali summenzionate;
causali che dovranno essere previste anche in caso di proroga, ma esclusivamente qualora
venga contemplato un termine complessivo eccedente i dodici mesi.
Attività stagionali
I contratti a termine stipulati per le attività stagionali individuate dal DPR n. 1525/1963 (sino
all’emissione di un Decreto da parte del Ministero del Lavoro) o dai contratti collettivi, devono
rispettare le seguenti regole:
– Possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle specifiche causali
summenzionate.
– Non soggiacciono al limite dei 24 mesi, quale periodo massimo dovuto alla sommatoria di tutti
i contratti a termine stipulabili con il medesimo lavoratore, compresi i rapporti in
somministrazione a termine.
– Sono esentati dal massimale dei contratti a termine stipulabili dall’azienda e previsto
nella misura specificata dal contratto collettivo applicato dall’azienda stessa, ovvero, in
mancanza di previsione contrattuale, nella misura del 20% dei lavoratori a tempo indeterminato
in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione.
– Non si applica lo “stop & go”, obbligatorio tra due contratti a tempo determinato.
– Si applica il limite delle 4 proroghe, anche se la norma – articolo 21, comma 1, del decreto
legislativo 81/2015 – non brilla per chiarezza. Ciò perché, per quanto la norma non evidenzia
espressamente l’esclusione dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali come, invece, fa per
quanto riguarda, ad esempio, la durata massima, l’assenza delle causali o lo “stop & go”,
evidenzia come le 4 proroghe debbano essere effettuate “nell’arco di ventiquattro mesi a
prescindere dal numero dei contratti”. Ma, come sappiamo, i contratti stagionali non
soggiacciono al limite della durata massima e quindi possono, sommando tutti i contratti
precedentemente stipulati, sforare detto limite dei 24 mesi.
Esclusioni
Nulla è cambiato per quanto riguarda le esclusioni dalle regole previste dal legislatore nella
stipula di contratti a termine per determinate categorie di lavoratori o di attività lavorative
(articolo 29, Decreto Legislativo 81/2015).
Sono esclusi:
– i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato
(come definiti dall’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo n. 375/1993);
– i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
– i dirigenti, che non possono avere una durata superiore a 5 anni;
– i rapporti per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a 3 giorni, nel settore del
turismo e dei pubblici esercizi, nei casi individuati dai contratti collettivi;
– il personale docente ed ATA per il conferimento delle supplenze e con il personale sanitario,
anche dirigente, del Servizio sanitario nazionale;
– il personale accademico delle Università (ai sensi della legge n. 240/2010).
– il personale artistico e tecnico delle fondazioni di produzione musicale (di cui al decreto
legislativo n. 367/1996), per quanto riguarda la stipula di un contratto non superiore a 36 mesi e
relativamente alla norma sulle proroghe e rinnovi (articolo 21).
Inoltre, le nuove disposizioni, impartite dal Decreto Dignità in materia di contratto a tempo
determinato e somministrazione di lavoro a termine, non si applicano ai contratti stipulati
dalle Pubbliche amministrazioni, ai quali continuano ad applicarsi le norme previgenti.
Termine per l’impugnazione
Qualora il lavoratore ritenga illegittimo il contratto a tempo determinato stipulato con una
azienda, deve impugnare, con qualsiasi atto, anche di natura extragiudiziale, il contratto entro
180 giorni dalla cessazione.
L’allargamento dei termini di impugnazione di un contratto a tempo determinato, che passa
quindi da 120 a 180 giorni, si applica esclusivamente ai contratti di lavoro a tempo determinato
stipulati dal 14 luglio 2018 (rinnovi compresi), nonché alle proroghe dei contratti in corso alla
medesima data. Per i contratti stipulati prima, si applicano in termini di impugnazione
previgenti 120 giorni.
Ricordo che l’impugnazione, secondo quanto prescritto dall’articolo 6, comma 2, della legge
604/1966, è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 180 giorni, dal deposito
del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla
comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.
Copyright © – Riproduzione riservata
Applicazione delle regole
Le nuove regole si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dal 14 luglio
2018 (rinnovi compresi), nonché alle proroghe dei contratti in corso alla medesima data.