• Gli ultimi provvedimenti governativi relativi all’emergenza coronavirus (Dpcm 8 e 9 marzo) raccomandano ai datori di lavoro di «promuovere» la fruizione delle ferie come misura di contenimento della diffusione del virus. Le ferie diventano quindi uno strumento di minimizzazione delle presenze sul luogo di lavoro e quindi di limitazione degli spostamenti delle persone.

    Questo ha fatto sorgere una serie di interrogativi, anche pratici, sulla gestione di tale istituto in questo periodo di emergenza. Per rispondere, occorre partire dai principi generali. Il diritto del lavoratore a ferie annuali retribuite e irrinunciabili è solennemente sancito dall’articolo 36 della Costituzione. La finalità principale è consentire il ripristino delle energie psico-fisiche.

    Il Codice civile, all’articolo 2109, prevede il diritto del lavoratore, dopo un anno di ininterrotto servizio, a un periodo di ferie retribuite, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’azienda e degli interessi del dipendente. Il Dlgs 66/2003, attuativo delle direttive europee sull’orario di lavoro, ha stabilito la misura minima di quattro settimane, di cui almeno due nell’anno di maturazione (consecutive su richiesta del lavoratore) e le restanti due settimane nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione. È stato inoltre stabilito il divieto di monetizzazione delle ferie, se non al termine del rapporto di lavoro.

    Ciò posto in via generale, la prima questione pratica che si pone in questi giorni riguarda la possibilità, del datore di lavoro, di decidere unilateralmente, in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, la collocazione in ferie. Al riguardo appare opportuno operare alcune distinzioni. Quella fondamentale è tra ferie già maturate (o addirittura arretrate) e ferie in corso di maturazione nell’anno in corso. Per quanto riguarda le prime, si può ritenere che, soprattutto in questa situazione di emergenza e in considerazione della «raccomandazione» proveniente dal governo, la fruizione possa essere imposta dal datore di lavoro, sia in caso di chiusura totale dell’attività che in caso di riduzione parziale.

    La questione diventa molto più delicata quando si tratti di ferie non ancora maturate, relative all’anno in corso. In questo caso, tra l’altro, entrano in considerazione le disposizioni dei contratti collettivi, che in alcuni casi stabiliscono procedure concertative sulla determinazione del calendario feriale, mentre in altri fissano un arco temporale entro il quale il datore di lavoro ha facoltà di individuare il periodo feriale (generalmente da maggio a ottobre).

    Qui l’esercizio di un potere unilaterale da parte del datore diventa più problematico e la ricerca del consenso sindacale o individuale andrebbe perseguita, anche in questa situazione emergenziale. Andrebbe altresì considerato che la funzione propria delle ferie annuali è quella del riposo, e non quella di far fronte a particolari eventi aziendali. Tra l’altro occorre distinguere tra chiusura “obbligata” dell’attività per provvedimento della pubblica autorità e chiusura o riduzione per decisione dell’imprenditore dovuta al calo di lavoro.

    Nel primo caso la collocazione in ferie del personale, quantomeno per il tempo necessario a valutare la praticabilità del ricorso a un ammortizzatore sociale, appare in qualche modo una scelta difficilmente contestabile da parte del sindacato o del singolo dipendente, il che dovrebbe facilitare una soluzione consensuale, posto che l’alternativa sarebbe la sospensione senza retribuzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione.

    Nel secondo caso, invece, trattandosi di una scelta dell’imprenditore, l’imposizione unilaterale delle ferie, benché la fruizione sia “raccomandata” dai provvedimenti governativi, potrebbe esporre l’azienda a successive contestazioni e richieste di ripristino del monte ferie.

    C’è infine la questione della fruizione delle ferie “prodromica” alla richiesta di intervento degli ammortizzatori sociali, ma su questo occorrerà ritornare, anche in relazione al contenuto dei preannunciati nuovi provvedimenti legislativi.