Studio Azzolini si occupa anche dei fondi di previdenza complementare, offrendo ai propri clienti un servizio di consulenza e di assistenza spesso indispensabile per la gestione di queste complesse forme pensionistiche alternative.

Previdenza complementare: di cosa si tratta

La previdenza complementare è una forma di tutela pensionistica che si va ad aggiungere alla previdenza obbligatoria o di primo pilastro. Disciplinata dal D. lgs. 5 dicembre 2005 n.252, ha l’obiettivo di assicurare al lavoratore una pensione integrativa, che si andrà ad aggiungere a quella di base prevista e garantita dal sistema pubblico. La previdenza complementare è basata su un sistema a capitalizzazione, mediante il quale ogni versamento da parte del lavoratore va a confluire nel proprio conto personale. Il capitale viene investito nel mercato finanziario in modo che possa fruttare e produrre un rendimento che naturalmente è variabile e dipende dall’andamento del mercato. Si tratta di un sistema piuttosto complesso, il cui operato però è disciplinato dalla Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) che garantisce il rispetto di tutte le norme previste in ambito di previdenza complementare.

Il fondo pensione del lavoratore è costituito dai contributi versati dallo stesso e dal datore di lavoro, ai quali vanno ad aggiungersi i rendimenti derivanti dagli investimenti effettuati sul mercato finanziario.

A chi è destinata la previdenza complementare

La previdenza complementare, nelle sue diverse forme, è destinata sostanzialmente a tutti i lavoratori e nello specifico alle seguenti categorie:

  • Lavoratori dipendenti nel settore privato o pubblico;
  • Lavoratori autonomi e liberi professionisti;
  • Lavoratori dipendenti (e soci lavoratori) di società cooperative di produzione e lavoro;
  • Lavoratori a progetto, a chiamata, occasionali o con altre tipologie di contratto;
  • Lavoratori non retribuiti che operano per rispondere ad esigenze e responsabilità familiari.

Tipologie di fondi pensione

Rientrano nella definizione di previdenza complementare 4 diverse tipologie di fondi pensione, tutti disciplinati a livello giuridico ma con caratteristiche differenti.

1. Fondi chiusi

I fondi pensione chiusi o negoziali sono forme di previdenza complementare alle quali non possono aderire tutti i lavoratori ma solamente quelli che rientrano in uno specifico contratto collettivo nazionale. Questi fondi sono infatti istituiti dai rappresentanti dei lavoratori attraverso la contrattazione nazionale o di settore.

2. Fondi aperti

I fondi aperti sono invece forme di previdenza complementare che sono istituite dalle assicurazioni, dalle banche, da società di intermediazione mobiliare (SIM) o da società di gestione del risparmio (SGR). A differenza dei fondi chiusi, ai fondi aperti possono aderire tutti, indipendentemente dalla situazione e posizione lavorativa.

3. PIP (Piani pensionistici individuali)

I Piani Pensionistici Individuali (PIP) sono forme di previdenza complementare che vengono erogate esclusivamente dalle imprese assicurative e sostanzialmente sono quelle meglio conosciute come assicurazioni sulla vita. Rientrando però nella definizione di fondi pensione, sono anch’essi disciplinati dalla Covip e quindi devono offrire gli stessi diritti delle altre forme di previdenza complementare. Anche questi fondi naturalmente sono aperti a tutti, indipendentemente dalla posizione e dalla situazione lavorativa.

4. Fondi pensione preesistenti

I fondi pensione preesistenti sono chiamati in questo modo perché sono quelli che risultavano già attivi prima del decreto legislativo che ha istituito la previdenza complementare. Sono simili per certi versi ai fondi chiusi perché sono collettivi e per accedervi occorre fare riferimento agli accordi e ai contratti aziendali. Queste forme di previdenza complementare sono piuttosto complesse perché hanno caratteristiche specifiche e differenti dagli altri fondi pensione.

Per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche locali sono previsti anche dei fondi pensione territoriali come Laborfondis (in Trentino Alto Adige) e Fopadiva (in Valle d’Aosta).

Fondi pensione e TFR

Le quote previste per la previdenza complementare devono essere versate interamente dal lavoratore, se autonomo o assunto con contratto particolare. Nel caso però dei lavoratori dipendenti, parte della quota viene versata dal datore di lavoro e si ha la facoltà di scegliere se integrare la somma con le quote previste per il TFR (Trattamento di Fine Rapporto). Le alternative che si prospettano al lavoratore dipendente sono quindi le seguenti:

  • Il lavoratore, entro 6 mesi dall’assunzione, può decidere di far confluire le quote del TFR ancora non maturate in un fondo pensione;
  • Il lavoratore può scegliere di lasciare il TFR presso il datore di lavoro;
  • Il lavoratore può decidere di destinare il TFR alla propria forma di previdenza complementare in un secondo momento, una volta che la somma sarà liquidata da parte del datore di lavoro.

Se il lavoratore non prende alcuna decisione specifica in merito, il datore di lavoro versa le quote previste per il TFR alla forma previdenziale prevista dagli accordi collettivi o, in assenza di questa, ad una forma pensionistica complementare istituita appositamente per tale scopo presso l’INPS (FONDINPS).

Erogazione della prestazione e anticipazioni

La prestazione relativa al fondo di previdenza complementare viene erogata quando vengono raggiunti i requisiti per la pensione obbligatoria. Il lavoratore deve però essere iscritto al fondo da almeno 5 anni. In presenza di tali condizioni, si hanno due possibilità:

  • Richiedere l’erogazione della prestazione sotto forma di rendita pensionistica;
  • Richiedere la liquidazione in forma capitale fino ad un massimo del 50% del montante accumulato (in tal caso il restante viene erogato sotto forma di rendita pensionistica).

È inoltre possibile chiedere un’anticipazione della prestazione per sostenere alcune spese quali:

  • Spese sanitarie per terapie o interventi d’emergenza (nella misura del 75%);
  • Acquisto prima casa per sé, per il coniuge o per i figli (nella misura del 75%);
  • Altre esigenze non documentate (nella misura del 30% massimo).

Infine, i lavoratori hanno la possibilità di trasferire la propria posizione maturata all’interno di un fondo di previdenza complementare presso un altro fondo. Per farlo è necessario essere iscritti da almeno 2 anni.