Mentre si attende il nuovo decreto legge sugli ammortizzatori sociali per far fronte all’emergenza coronavirus, ci si interroga sul rapporto tra l’utilizzo di tali ammortizzatori e la fruizione delle ferie, raccomandata dai Dpcm dell’8 e 9 marzo 2020.
Quanto alla Cigo, non esiste in linea generale un obbligo di far smaltire le ferie prima del trattamento. Nessuna disposizione in tal senso si ritrova, infatti, nel Dlgs 148/2015. Anzi, una circolare Inps (139/2016) precisa, con riferimento all’ipotesi di sospensione totale dall’attività lavorativa, che «l’esercizio del diritto di godimento delle ferie, sia con riferimento alle ferie già maturate sia riguardo a quelle infra annuali in corso di maturazione, può essere posticipato al momento della cessazione dell’evento sospensivo coincidente con la ripresa dell’attività produttiva». Differimento che non sarebbe possibile in caso di sospensione solo parziale, in quanto in questa ipotesi deve essere garantito il ristoro psico-fisico correlato all’attività svolta, anche in misura ridotta.
Nonostante non sia imposto, tuttavia lo smaltimento preventivo delle ferie (e dei permessi) ha costituito in questi anni una sorta di “buona pratica”, talvolta prevista dagli accordi sindacali e spesso incoraggiata dallo stesso Inps, sulla base di considerazioni di tutela dell’interesse pubblico.
Una sentenza del Tribunale di Bergamo (n. 489 del 30 maggio 2013) richiama proprio le prassi Inps di subordinare la concessione del trattamento di cassa integrazione all’esaurimento da parte dei lavoratori delle ferie maturate e non ancora godute, ritenendole giustificate addirittura da ragioni «di ordine costituzionale». Osserva il Tribunale che sarebbe contrario all’ispirazione solidaristica della Costituzione (articolo 2) «il fatto di posporre sempre e comunque le esigenze di salvaguardia delle risorse pubbliche all’interesse dell’individuo a scegliere a proprio piacimento quando fruire di ogni singolo giorno di ferie, o magari a monetizzare le ferie eccedenti il minimo garantito, e questo anche nei casi in cui esistano circostanze che costringano alla sospensione o alla riduzione dell’attività lavorativa in azienda». Considerazioni che riecheggiano anche in una sentenza del Consiglio di Stato (3987/2017), che ha annullato una cassa integrazione sul presupposto che «il datore deve utilizzare tutti gli strumenti organizzativi e contrattuali a sua disposizione e solo quando gli strumenti organizzativi non sono sufficienti può ricorrere alla Cig».
Per quanto attiene invece agli ammortizzatori sociali in deroga, un obbligo di preventivo smaltimento delle ferie arretrate è stato espressamente previsto dal Dm Lavoro (di concerto con il Mef) n. 83473 del 1° agosto 2014 e da una successiva e connessa circolare Inps (n. 107 del 27 maggio 2015). In particolare, nel decreto si prevede che «allo scopo di fruire dei trattamenti di integrazione salariale in deroga l’impresa deve avere preventivamente utilizzato gli strumenti ordinari di flessibilità, ivi inclusa la fruizione delle ferie residue». È quindi ben possibile che questa regola possa essere applicata alla cassa integrazione in deroga per l’emergenza coronavirus, che sarà disciplinata dall’atteso decreto legge. Del resto, il preventivo utilizzo delle ferie maturate, oltre a ragioni di interesse pubblico, potrebbe rispondere anche a una esigenza di tutela del reddito del lavoratore. Non si dimentichi infatti che il trattamento di integrazione salariale non copre l’intera retribuzione, ed è soggetto ad un tetto massimo, e che non si può escludere che, in alcuni casi, possa trascorrere un lasso di tempo tra la sospensione dal lavoro e l’effettivo percepimento del trattamento.